lunedì 16 marzo 2015

Dylan Dog 342 - il cuore degli uomini


Quando so che a sceneggiare un DD c’è il Recchioni nazionale, ho sempre grandi aspettative.
A volte ricompensate da dei capolavori (Mater Morbi in primis) ma a volte deluse.
Il numero scorso ‘Al servizio del caos’ mi è piaciuto in quanto Recchioni ha trasposto ma sua sfranata passione per i film d’azione, con una strizzata d’occhio al suo ‘figliolo’ John Doe (il cattivo di turno ricorda tanto, ma tanto, John Doe… Ecco perché lo adoro!).
Questo albo invece ha soddisfatto le mie aspettative? Sfortunatamente no.
Certo, non bisognerebbe avere aspettative, quindi la colpa è unicamente mia… Ma cavoli, nella ‘nuova era di Dylan’ ci si aspetta grandi cose, soprattutto quando si tratta di fare chiarezza su un tema portante del nostro indagatore, ovvero il suo rapporto con le donne e con l’amore sottocoperta.
Mi aspettavo una storia che recuperasse vecchie fiamme, le mettesse su una bilancia, ne incrociasse le trame, con un pizzico di mistero e horror e una badilata d’introspezione sul passato, presente e futuro della libido di Dylan del suo modo di gestire l’amore.
Invece è una storia di rapimento: lui viene rapito dal padre di questa ragazza a cui Dylan ha spezzato il cuore dato che, come al solito, dopo averla zompata selvaggiamente in ogni angolo dello studio fatta innamorare di sé, le spezza il cuore mollandola.
Parallelamente c’è anche una visione metaforica dell’amore, delle sue pene e delizie, del suo masochismo ed egoismo e desiderio di possedere. Insomma, un’introspezione che male non fa nella storia ma che allo stesso tempo non prende pienamente (o forse più semplicemente perché io non l’ho capita fino in fondo… Abboniamola, dai, che al Recchione più di tanto non si può criticare: è un po’ come criticare il suo super-eroe preferito. Non si fa. No no).
Non aiutano neanche i disegni. Chiariamo: sono molto funzionali alla storia (grezzi, selvaggi, confusionali). Direi perfetti per il tema trattato e l’atmosfera che si respira. Semplicemente non mi piace lo stile.
Una storia comunque godibile, meglio di tante altre storie banali degli ultimi anni, ma non avvicinatevi con l’aspettativa di trovarvi di fronte ad un altro ‘Mater Morbi’ perché ne resterete delusi.

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