martedì 29 settembre 2015

I fantastici quattro



Perché?
Ma perché?
Spiegatemelo: perché?
Come puoi tu, major cinematografica, aver potuto accettare una sceneggiatura simile? Come hai fatto ha sborsare così tanti soldi per realizzare ‘sto film? Ma soprattutto, ma sei fuori a voler produrre anche un seguito????
Io capisco che vuoi fare una versione Ultimate dei FF (per chi non lo sapesse, l’universo Ultimate è un parallelo a quello ‘classico’ della Marvel, dove sono stati ripresentati tutti i supereroi in veste moderna, raccontando le storie dalla loro genesi: praticamente un reboot fumettistico) ma fallo almeno bene, per Dio!
Il discorso è questo: se fosse uno dei tanti film dove s’inventato un supereroe è un conto ma toccare i fantastici quattro e buttarli nel cesso è un’offesa al buon gusto. Piuttosto non farlo!
Partiamo subito dall’inizio a demolirlo: il film ci mostra Reed ragazzino che costruisce un teletrasportatore, lo aziona (e funziona pure!) davanti ai suoi professori… E questi lo insultano pure, lo prendono per il culo???? Ma quando mai? Cioè se avesse costruito una lavagna di sughero avrebbe riscosso maggior successo. Va bene uscire dagli schemi, ma la coerenza prima di tutto. Infatti, già da questa prima scena si capisce che il film sarà una cagata colossale.
Poi, già che mi fai la torcia umana di colore fa storcere il naso (niente razzismo, chiariamolo: è solo che la torcia umana è SEMPRE stata bianca, anche nell’universo ultimate. Non puoi stravolgermi certi pilastri narrativi e di immaginario collettivo. È come se mi raccontassi la storia di Gesù ma con lui nato in Giamaica, con i capelli rasta e che inneggia all’amore e alla cannabis. Sì, è anche divertente pensarlo… Ma se fai una storia che fa ridere. Se vuoi mantenere un minimo di serietà, non ci azzecca un emerito, giusto?).
Ma vabbè, questo è il minimo.
Poi mi dici che la donna (ragazza) invisibile è del Kosovo ed è stata adottata. E vabbè. Mi stravolgi le origini mettendoci dei protagonisti adolescenti babbi di minchia. E lasciamo passare anche questo. Poi zero storia d’ammmmore tra Sue e Reed, niente fantasticar, niente spazio dove acquistano i poteri ma lo ottengono su un altro pianeta, niente Destino sfigurato e niente arti magiche, Sue che prende i poteri… di striscio (ma perché??????), niente ‘etichetta’ fantastici quattro fino a… (niente spoiler) e così possiamo andare avanti all’infinito trovando le incoerenze tra i fumetti e il film.
Ok, ci sta anche lo stravolgere tutto se questo rende più funzionale ed inaspettata la trama (anche se un po’  mi girano comunque i cosiddetti…) però fino ad un certo punto: oltre ci spostiamo sulla fanta-puttanata e sul cadono minkiate a catinelle!
In primis per la scelta dei personaggi che non reggono i loro ruoli: Reed ha proprio la faccia di un babbo di minchia (ok che deve essere un secchione… Ma questo qui ha l’aria di un coglione da prendere a calci nel culo da mattina a sera fino a farsi venire i crampi al piede! È un secchione che cerca di fare il fighetto: il non plus ultra dello squallore), Sue è una spocchiona presuntuosa cagaca..o precisina della fungia ma tendenzialmente sfigatella (che tra l’altro, deve reggere il confronto con Jessica Alba… No dico, JESSICA ALBA: è come paragonare un monolocale alla reggia di Versailles e pensare di avere pure qualche chance), la torcia è un coglioncello ma meno di quanto dovrebbe essere (la torcia è il fighetto del gruppo, è quello sesso-donne-auto-party-divertimento a go go, relegato in questo film a fare una gara in auto e meccanico tuttofare… No comment va) e la Cosa infine sembra una barretta dietetica andata a male (senza contare il suo spessore nel film. Va bene che la Cosa è fatta di, diciamo, roccia, ma questo non vuol dire che deve restare immobile in un angolo a fare la bella statuina?). Ma soprattutto, Dottor Destino… Ma vogliamo scherzare??? Va bene modificare qualcosa del suo aspetto… Ma così è troppo! Non solo è brutto con quelle sfumature fosforescenti verde che lo fanno molto ‘Febbre del sabato sera’ ma non c’entra un emerito con il vero Destino. Così fa proprio cagare!!! Cioè, dovrebbero mettere la sua foto nelle confezioni di lassativo al posto delle pastiglie: apri la confezione, guardi la faccia di Destino e vai che è un piacere!
Ora, capisco che realizzare un film di supereroi di un’ora e mezza riduce certe dinamiche narrative: è normale sacrificare qualcosa… Ma non deve essere a discapito dello spessore dei personaggi! E questo per cosa? Per riempire la prima metà del film non il niente. Hanno usato quello spazio prezioso riempiendolo di puttanate, perdendosi in situazioni inutili e a volte fuori luogo.
Poi nella seconda parte si accelera un po’, raggiungendo l’apice alla fine (tradotto: ‘Cazzo abbiamo fatto un film di supereroi e ci siamo dimenticati di mettere gli effetti speciali e le botte da orbi. Ok, dai, ci sono rimasti gli ultimi cinque minuti: usiamo almeno quelli’). Ma lo scontro finale non soddisfa, lascia perplessi come il resto del film.
Capisco anche i problemi di budget… Ma a realizzare una caratterizzazione dei personaggi migliore, dar loro più spessore, o una migliore sceneggiatura non servono più soldi: serve solo che lo sceneggiatore faccia il suo dovere.
La realtà? Un film che non decolla. Il discorso è: o me ne fai uno con uno spessore psicologico della Madonna (vedi Batman) o giochi sull’ironia (I guardiani della galassia e Ant-man) o mi fai un film d’azione stracazzutissimo (vedi gli Avengers). Un ibrido realizzato tanto per seguire l’onda del successo dei supereroi ma con un budget ridotto ai minimi storici e con sceneggiatura debole non può reggere il confronto, ammettiamolo.
Ma fa così cagare? No, se lo fate vedere ad un bambino di sei anni (mostrandogli ovviamente solo la scena finale: ovvero quei due minuti di combattimenti). Sì, se già lo guarda uno di sette.
Morale: a malincuore (perché è pur sempre un film di supereroi Marvel) non posso che aggregarmi al resto dell’umanità e dichiarare che è proprio brutto, sotto tutti gli aspetti.
Se volete guardarlo fatelo. Ma non merita neppure la corrente per scaricarlo col mulo.

venerdì 25 settembre 2015

Minions


Ci sono cose che imbarazzano l’umanità intera. Ad esempio il successo di ’50 sfumature di puttan di grigio’ o ‘Twilight’ o che i Minions abbiano fatto così tanto successo, al punto che c’è chi sta facendo la collezione di tutto ciò che trova in commercio (un po’ come quelle ragazze che comprano tutto di Hello Kitty… E poi ditemi che siamo ancora gli esseri viventi più intelligenti ed evoluti del pianeta…).
‘Minions’, un film che ha attirato più adulti (ragazze e donne, of course) che bambini.
Ma com’è ‘sto benedetto film? Presto detto.
Iniziamo dalla cosa che più mi ha dato fastidio: la voce fuori campo che all’inizio spiegava e spiegava e spiegava… L’ho trovato insopportabile e fuori luogo, superfluo. Se almeno avessero messo la voce del Gabibbo sarebbe stato un minimo simpatico. Ma così… Noia mortale.
Poi si passa al film vero e proprio.
Ora, le aspettative di tutti erano enormi, merito di ottime clip e trailer… Peccato che, come al solito, si butta nei trailer il meglio del film senza lasciare altro di altrettanto divertente e d’impatto. Un po’ come quando in un film d’azione ti fanno vedere tre minuti di trailer dove ci sono scazzottate, lotte, palazzi che esplodono e pianeti che collassano… Poi vai al cinema e scopri che il resto del film è ambientato in una stanza con due che mentre bevono il the raccontano di quando da piccoli si scaccolavano… Non si fa, no no.
Sul doppiaggio non mi pronuncio perché non sono di quelli che si sofferma molto sulla cosa. Ma ho letto tanti commenti negativi a riguardo. Eh vabbè.
Ma quindi, mi chiederete: il film fa cagare?
No, se si guarda nella giusta prospettiva, quella della leggerezza, del disimpegno, del ‘torniamo bambini e stacchiamo la nostra mente cagacaz… e di precisini della mink… da adulti critici’.
La storia scorre veloce, con tante scene d’azione ed imprevisti che non annoiano mai.
I tre personaggi sono tenerissimi e certe scene fanno sciogliere. Mi è piaciuto un sacco la loro caratterizzazione, specialmente quella di Bob, che ho trovato adorabile (è un puro di cuore… Lo dimostra alla fine con la cattivona di turno… Candido lui).
Il loro linguaggio fa morir dal ridere: è buffo e cercare di capire la lingua di ogni parola pronunciata è un’impresa divertente ed impegnativa.
Lo scontro finale mi è sembrato un po’ sopra le righe, un po’ da film d’azione di spantegoni americani. Ma ammetto che, essendo un film d’animazione comico, ci si può permettere di esagerare fino all’estremo.
Poi, essendo ambientato negli anni ’60 ci sono tanti rimandi ai personaggi che hanno fatto la storia (fantastica la scena con una band inglese di quegli anni… Geniale) e alla colonna sonora. Ma ci sono anche strizzate d’occhio a film di fama mondiale (vedi ‘Rambo’ in primis, per dirne una che salta subito all’occhio).
Infine per quanto riguarda la grafica devo ammettere che spacca: certe scene e scenari sono fatti da Dio (si vede che ne avevano di soldi da usare per la realizzazione…).
Ma quindi è un capolavoro?
No, dai, non caghiamo fuori dal vaso esageriamo.
La realtà è che è un film carino, atto a far sorridere e a far passare un’ora e mezza in leggerezza.
Ovvio, bisogna approcciarsi ad esso nel modo giusto: non dovete avere l’aspettativa di trovarvi di fronte lo spessore di un ‘Up’ o un ‘Wall-e’.
È un film leggero, simpatico e senza grosse pretese.
Il vero problema non è tanto il film ma quanto sia stato osannato dalla tv e dalle ragazzine,donne e babbediminkia (che a furia di mettere post su ‘ste supposte gialle parlanti ti hanno fatto odiare questo film prima ancora di averlo visto… Quindi i pregiudizi hanno superato le aspettative… Peccato perché se non fosse stato così pompato in questi due anni di realizzazione forse sarebbe stato accolto meglio, dai ragazzi).
Ergo, non mi è dispiaciuto anche se onestamente l’unica risata che mi ha strappato è stata quando il minion-chitarrista ha fatto quella performance a fine film. Per il resto, qualche tenerezza me l’ha fatta Bob e qualche scena d’azione non mi è dispiaciuta affatto.
Un film, in definitiva, che ha i suoi lati positivi, che entra nella mia videoteca personale, che mi è piaciuto più di tanti film animati dell’ultimo periodo ma che subisce inevitabilmente il giudizio pre-rotturadipalle delle donne che nei mesi ti hanno stressato con sti omini gialli.

domenica 20 settembre 2015

Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig


Dal titolo si evince che il libro parlerà di zen e motocicletta. Un connubio perfetto per chi simpatizza verso il buddismo e tutte le sue branche e per gli appassionati di motocicletta.
Quindi un libro accattivante che conquista i lettori di entrambi le fazioni e stimola la lettura anche di chi non ne fa parte?
Ma anche no.
È un tomo di 400 pagine in cui ci si aspetterebbe di tutto e di più, sia per quanto riguarda lo zen che per la motocicletta. Peccato che l’aspettativa deraglia ben presto.
Innanzitutto la storia del protagonista che va in giro per l’America in moto con suo figlio e due suoi amici è un susseguirsi di episodi ordinari dove la suspense è categoricamente esclusa. Si parla di moto a volte in modo troppo tecnico per essere capito (con tanto di grafici che lasciano il tempo che trovano), a volte soffermandosi su emozioni legate a questa passione che chi non ne fa parte non può capire.
Dalla sinossi avevo immaginato fosse un libro che parlava di zen DURANTE il viaggio, in stile ‘Mi succede questo e lo zen accorre in mio aiuto spiegandomi cosa sta dietro all’accadimento’ (tipo ‘La profezia di Celestino’, per intenderci. Invece è la storia del protagonista in viaggio intervallata dalla vita di un tale Fedro e della sua ricerca della Qualità. È come se l’autore avesse scritto due libri completamente slegati tra loro e poi, capendo che tira più un pel di… fondere due argomenti che venderli in libri separati. Praticamente ha smussare gli angoli dei due argomenti per dare un minimo di senso a tutto.
Senza contare che di zen c’è poco o niente. E se c’è è nascosto sotto pagine e pagine di ‘sto Fedro che va alla ricerca di cos’è la Qualità. È come se avessero messo nel titolo ‘Zen’ perché era troppo lungo scrivere ‘noiosa rottura di palle filosofica su un argomento che frega un cazzo a nessuno’.
Le parti di Fedro sono noiose, soporifere, da sgrattuggiamento di palle.
Invece di riempirle di perle di saggezza sulla vita, sul mondo, sulle emozioni, su quale congiunzione astrale ha portato uno come Ramazzotti ad avere successo, ha continuato a girare intorno al concetto di Qualità. Che ok, è comunque un argomento interessante che può starci in qualche pagina… Ma interi, lunghi capitoli no, dai. È veramente troppo.
La Qualità sta anche nel sintetizzare un concetto, nel renderlo chiaro e fruibile a tutti. Non nel girare intorno ad un argomento per decine di pagine che, seppur scritte tutto sommato bene, appesantiscono la lettura ed invogliano alla pennichella.
Ok, l’autore avrà pensato che più ci gira intorno all’argomento, più punti di vista ci sbatte dentro, e più la persona ha possibilità di capire ciò che lui vuole dire. Però se il dilungarsi porta solo a fare delle gran ronfate, forse l’obiettivo non è stato raggiunto.
Che dire?
Ci sono libri di gran lunga migliori di questo che parlano di zen. Libri più brevi, concisi, diretti, semplici, alla portata di tutti (tipo ‘lo Zen e il tiro con l’arco’) e più divertenti (tipo ‘Lo zen e l’arte di scopare’) o romanzi che abilmente intrecciano trame fantasiose con perle di saggezza zen (‘la leggenda di Bagger Vance’ o ‘il mondo di Sofia’, da cui sono stati tratti pure due film).
È un libro di 400 pagine che sarebbe potuto tranquillamente stare in 200 e anche queste sarebbero state fin troppe, che tratta da una parte un argomento (la motocicletta) in termini a volte troppo tecnici per interessare il lettore medio (che già non gliene frega niente della moto, figuriamoci di quanti bulloni ha quella del protagonisti, che problemi ha durante il viaggio e le sue soluzione da provetto meccanico) e dall’altra un argomento profondo che tutto tratta fuorché di zen.
Un libro impegnativo, lungo, noioso che ha senso tenerlo sul comodino della propria camera da letto solo come soluzione estrema a quando non riuscite a prendere sonno e avete bisogno di un metodo infallibile piombare nel mondo dei sogni in tempo zero.
In definitiva, è uno di quei libri che guadagnano 10 punti per il titolo azzeccato e -100000 punti per il contenuto.

venerdì 18 settembre 2015

Ted2


Ci riprovano i protagonisti a far ridere come nel primo film.
Ci prova anche lo sceneggiatore a costruire qualcosa di nuovo per non essere un banale copia/incolla del predecessore.
Ci provano tutti, dall’orsacchiotto  all’ultimo pirla che passa per strada, a far ridere.
Eppure non mi è piaciuto.
Quella volgarità che nel primo film ha fatto scompisciare, in questo seguito l’ho trovato pura e semplice volgarità fine a se stessa, a tratti persino fastidiosa (e lo dice uno che ha la volgarità facile e lo spirito di un sedicenne sempre-ingrifato… Ed  è tutto dire).
Un film politicamente scorretto che di più non si può. Così scorretto da diventare quasi imbarazzante, quasi fastidioso. Alcune gag le ho trovate troppo ‘oltre’ anche per i miei canoni, e questo ha abbassato il mio personale punteggio sul film.
Anche l’idea dell’orsacchiotto che reclama i suoi diritti di ‘essere umano’: idea dai risvolti etici e morali interessante ma che… Non so… Non mi ha preso appieno. Invece di essere solo il pretesto per raccontare dei cannoni formato missile terra aria e le battute sulle chiappe sode delle pin-up è il fulcro di tutta la storia. Questa porta a mettere troppa serietà in un film che dovrebbe fare ridere della stupidità dell’uomo (volgare e rozzo) medio, cosicché non valorizza ne l’una ne l’altra.
Come sempre, uno di quei film creati per cavalcare l’onda del successo del primo ma proprio per questo non riesce ad eguagliarlo (ne tantomeno superarlo): si è cercato di fare di più, ma l’intento è stato così portato all’eccesso che alla fine invece di renderlo un film migliore l’ha peggiorato.
Non che sia proprio da buttare, intendiamoci.
Semplicemente è uno di quei film da guardare in compagnia di soli uomini, con birrette alla mano, pop corn e rutti e scoregge libere. Si stacca la testa pensante e ci si lascia trascinare indietro nel tempo a quando eravamo quindicenni sboccati, stupidi, infantili, volgari e con la voglia di patata a mille quei desideri adolescenziali di amore casto e puro per una ragazza.

domenica 6 settembre 2015

daredevil


Sono ancora qua con fazzoletto inzuppato dalle lacrime, tanta è la mia commozione per essermi finalmente goduto un telefilm di supereroi degno di questo nome, uno con la S maiuscola e anche la E e anche tutto l’alfabeto a lettere cubitali.
Perché siamo onesti: non possono essere telefilm di supereroi quelli dove i superpoteri, l’azione, i colpi di scena sono in secondo piano rispetto alle storie d’ammmmmmore da liceale rincoglionita con tanto di lui ama lei che ama l’altro cha ama l’altra che ama un cane che ama la gamba destra del suo padrone. Dai, cazzo!
Prendete Arrow: ho resistito 6 puntate. Poi dopo l’ennesimo pucci pucci amore amore tra il protagonista, la tipa e l’altro ho detto basta. Anzi no, ho guardato per sfizio l’ultima puntata giusto per accorgermi che non mi serviva a nulla seguire tutti i precedenti episodi: si capiva perfettamente cos’era successo prima guardando semplicemente quest’ultima. Ovvero, non era accaduto nulla di rilevante.
Senza contare sense8, telefilm dei creatori di Matrix (che uno pensa: cazzo, se hanno fatto un film come Matrix, questo telefilm dovrà essere un capolavoro all’ennesima potenza). E invece… pucci pucci amore amore tra etero e lesbiche e gay (niente da ridire sugli accoppiamenti: semplicemente che palle sempre scaramucce amorose e coccoline da adolescenti!).
Non ho visto ancora Shield, ma da quel che ho letto in giro è pollice verso il basso e vomito a catinelle.
Invece Daredevil è ciò che dovrebbe essere: un telefilm di un supereroe senza poteri (quindi se le busca di  brutto ogni volta e si deve far ricucire peggio di una maglietta taglia S indossata da un obeso) in un contesto drammatico (senza battutine da ‘scemo e più scemo’ ad alleggerire l’atmosfera) con una continuity serrata (che se perdi una puntata non capisci che cavolo è successo) con nemici cattivi e spietati che non guardano in faccia a nessuno (manco fosse miss Universo in topless) e con qualche accenno di pucci pucci ma talmente marginale da non essere fastidioso o eccessivo.
Daredevil è un uomo con un passato drammatico e strappalacrime, con un presente da vendicatore mascherato in cerca di giustizia e con abilità fuori dal comune che danno dinamicità alle scene d’azione.
Lui soffre, si fa pestare a sangue, si fa inculare (metaforicamente, non biblicamente come i protagonisti di sense8) dai nemici ma ogni volta cade e si rialza, affronta il suo passato per rendere migliore il suo presente, cerca di essere sempre giusto e onesto, senza approfittare dei suoi poteri per mettersi in bella mostra, senza usarli per fare il figo con le donne (del tipo ‘sai cosa dicono dei ciechi? Che hanno il tocco magico… ‘). Un eroe con continui conflitti interiori che lo rendono ancora più umano, ma con quel distacco verso le donne che non lo fanno cascare nella trappola del ‘quant’è bello amore se non è litigarello’.
I coprotagonisti reggono il confronto con una loro personalità marcata e una loro strada da seguire, arricchendo la storia con sottotrame separate da quella principale di Daredevil.
In definitiva, un telefilm che pur essendo Marvel si discosta da tutte le produzioni da festicciola adolescenziale dei film (dove per ogni scena ci deve essere almeno una battuta strapparisatadeinerd altrimenti diventa troppo serio), che ha un suo spessore narrativo drammatico senza perdersi troppo in scene di ‘peace and love’ e che mostra un supereroe tormentato in tutto il suo vivere da uomo normale ma con una marcia in più.
Telefilm promesso.