L’autore non lo conosco (anche se è stato inviato de ‘Le
Iene’, conduttore radiofonico e ha scritto svariati romanzi). Quindi mi sono
avvicinato al libro solo con la curiosità di leggere un ennesimo manoscritto
sul buddhismo in salsa romanzata.
Io, che sono ormai decenni che leggo libri sul buddhismo,
sulla meditazione e sulle religioni/filosofie orientali, l’ho letto con la
curiosità di chi sa (qualcosa) ma gli piace avere un punto diverso dal solito o
comunque un ulteriore modo per spiegare certi concetti astratti.
Ammetto di averlo letto in due trance.
Inizialmente non mi ha convinto molto.
In quanto è scritto bene. Molto bene. Pure troppo. Tanto
di cappello all’autore che usa un linguaggio forbito e da vero scrittore. Peccato
che a volte usa dei termini non in auge nella dialettica comune. Questo, lo
ammetto, penalizza il libro. Non che non sia scorrevole o comprensibile:
semplicemente usare termini troppo ricercati, troppo ‘da dotti’, rischia di
rallentare un pelo la lettura. È come andare da un contadino di inizio secolo a
chiedere di indicargli la toilette… Ma chiamalo cesso e capisce subito, no? O
andare da un allevatore valdostano sessantenne e parlare di jet lag, happy hour
e 4G… Ma parla come mangi, per Dio!
Senza contare che si parla di filosofia orientale a 360°
ma a volte in modo talmente astratto e preciso da essere di un pelo difficile
da comprendere (e ne parla uno che passava le giornate a pane e buddhismo).
Chiariamo: non so se certi concetti si possa spiegare in
modo più semplice. Forse no. Certo è che sono comunque difficili da digerire.
Senza contare questo suo modo di far dialogare le persona
senza ‘punto e a capo’, senza separare coloro che dialogano. Con la conseguenza
che è un continuo cercare di capire chi dice cosa a chi. In più la storia usa
un escamotage narrativo appena appena accennato per introdurre l’avventura del
protagonista, tanto da non essere neppure necessario (il protagonista viene
mandato in Tibet per essere portavoce in Italia di un fatto spiacevole: i furti
accaduti in svariati templi. Questo lo porta a viaggiare con altre persone in
giro per le montagne, visitando templi e villaggi, cime innevate e città
decadute). Non c’è per capirci, una trama portante forte, un thriller come
sfondo, un susseguirsi di colpi di scena in stile ‘il codice da Vinci’, che
servono da una parte a mantenere vivo l’interesse del lettore e dall’altro
introdurre certi concetti. È solo un uomo che va per montagne per altri
scalatori improvvisati e intanto (quasi sempre) si parla di filosofia
orientale.
Senza contare la raffica di personaggi che orbitano
intorno a lui: un susseguirsi di uomini e donne che sono un’ennesima trovata
per introdurre certi discorsi filosofici/religioni ma che rendono il libro
ancora più kilometrico ( circa 330 pagine scritte fitte).
Voi mi direte: ‘Ma allora ti ha fatto venire una
diarrea lancinante ‘sto libro? Ti ha teletrasportato sul water alla seconda
pagina fino ad indurti a rendere il bagno il tuo domicilio?’. ‘Ma allora
non ti è piaciuto?’.
Invece mi è piaciuto.
Se andiamo oltre queste considerazioni negative, resta un
libro ben scritto, che fornisce con uno stile ironico e simpatico un quadro
preciso della cultura religiosa/filosofica orientale.
Spiega concetti profondi in modo più chiaro di tanti
altri libri che ho letto. Fornisce informazioni che i più non sanno,
dimostrando come l’autore ha una cultura approfondita e superiore alla media.
Introduce gli argomenti ogni volta in modo diverso, dando un minimo di senso
alla presenza di alcuni personaggi.
Si è così assorti nell’apprendere le mille sfaccettature
della cultura orientale che passa in secondo piano il motivo per cui il
protagonista ha intrapreso questo viaggio. Chi se ne frega se non c’è una trama
intricata e complessa piena di colpi di scena: l’importante è conoscere
l’evoluzione del pensiero orientale in questi secoli.
330 pagine sono tante ma si lasciano leggere decisamente
meglio di tanti libri molto più corti. È un libro dove non si rincorre la fine
ma solo l’imparare cose nuove (con qualche spruzzo di ironia spiccia che male
non fa) e il porsi le grandi domande della vita: chi siamo? Dove andiamo? Cosa
succede dopo la morte? Perché ’50 sfumature di grigio’ ha fatto così tanto
successo al cinema?
Un libro che può essere visto come la risposta a ‘Il
mondo di Sofia’ (che se ben ricordate, parlava di filosofia occidentale
attraverso gli occhi di una bambina). Certo una risposta più adulta, più
impegnata, ma non per questo meno interessante.
Un libro, insomma, che può essere letto da tutti coloro
che vogliono accostarsi alle filosofie orientali, a chi vuol approfondire ciò
che già sa e a chi vuole leggere un libro che parla anche di montagna, di
trekking, di paesaggi mozzafiato e di belle fanciulle tibetane.
Vale il suo prezzo? Secondo me sì.