mercoledì 3 giugno 2015

'Un indovino mi disse' di Tiziano Terzani


Questo libro mi ha seguito da anni. In qualunque libreria andassi, lui era lì. Mi teneva d’occhio, quasi fosse un turista italiano nella via a luci rossi di Amsterdam, quasi fosse un guardone vicino ad un’auto in piena campagna a notte fonda.
Era inevitabile che prima o poi avrei ceduto ai suoi occhi incantatori. Anche perché, voglio dire, ‘me l’ha fatta annusare per anni’ e si sa che la carne è debole. Specialmente la mia di mingherlino con salute cagionevole.
E così l’ho comprato e me lo sono pure letto.
Impressioni? Mah, emozioni conflittuali.
Non è un libro facile. Nel senso, parla di lui in giro per un anno in Asia usando tutti i mezzi disponibili eccetto l’aereo (dato che un’indovina gli ha predetto che se in quell’anno ne avesse preso uno, sarebbe morto). Questo gli ha permesso di conoscere persone, visitare luoghi, affrontare peripezie e ammirare la bellezza del mondo on the road e non on the air.
Terzani è un giornalista. Si vede.
Scrive bene, passando da descrizioni dei luoghi a riflessioni personali a dialoghi a volte sintetici ma chiari e diretti.
Questo suo continuo viaggiare tra paesi e città lo porta a descrivere per ognuno il contesto, l’atmosfera e il paesaggio che lo circonda. Questo, lo ammetto, mi ha un po’ annoiato.
Racconta anche di ciò che accadeva in quell’anno (1993) e delle ripercussione del passato asiatico sul presente.
Questo, per quanto mi riguarda, gioca a suo sfavore. Infatti, va bene sapere come ragionavano gli asiatici in quegli anni ma non è di nessuna utilità adesso, in quanto i giovani di oggi si comportano in modo totalmente diverso (certo, anche per quelli di oggi vale il detto ‘tira più un pel di f…’ ma per tutto il resto le cose sono cambiate).
Si parla anche di passato, ovvero di come certe guerre, scandali, complotti, rivoluzioni, carnefici e dittatori hanno cambiato il paese. Interessante, non lo metto in dubbio. Peccato che non so neppure di chi stia parlando (ma questo è il problema di tutti i libri che raccontano di cronache di altri ‘mondi’; già non si conosce quella realtà. Se poi ci butti dentro informazioni a raffica, saluti e baci comprensione).
Ciò non toglie, attenzione, che alcune notizie di cronaca sono sconvolgenti, inaspettate e fanno riflettere assai (ad esempio, che in Cambogia negli anni ’70 c’è stato un massacro: DUE MILIONI ,qualcuno dice persino 3, di cambogiani uccisi in stile lager nazisti…). Queste notizie spingono ad andare avanti nella lettura, alla ricerca di episodi che fanno accapponare anche i peli del pube. E pur essendo un romanzo di più di 400 pagine, si ha voglia di giungere all’ultimo capitolo.
C’è anche l’aspetto esoterico-provocatorio che aleggia per tutto il libro: Tiziano cerca in ogni nazione, in ogni paese, qualche indovino che gli sveli il suo futuro (e azzecchi il suo passato), tirando le somme sull’attendibilità e sui presunti poteri della persona. Con tanto di riflessioni personali:’ Vede quante volte andrò a defecare domani e non ha previsto lo sterminio di due milioni di persone????. Ha per caso preso il diploma da chiromante da CEPU???’.
Un libro che tutto sommato non mi è dispiaciuto leggere, da cui ho tratto interessanti riflessioni e da cui ho imparato qualcosa (sopra ogni cosa quanto noi occidentali andiamo a scuola a studiare ‘la storia’ ma in realtà è solo quella dell’Italia e di coloro che sono venuti in contatto col nostro paese. Ritorniamo più e più volte sul discorso nazismo, lager e genocidio senza sapere che ben altri, e peggiori, stermini sono accaduti nel mondo e neppure tanto così indietro nel tempo. Ma dato che non eravamo coinvolti, passano in secondo piano, non vengono neanche menzionati, come se ci fossero genocidi di serie A e di serie Z).
Un libro che per la storia in sé (non è romanzo dove si cerca di trovare episodi e colpi di scena per mantenere vivo l’interesse del lettore. È semplicemente una cronaca di un anno di vita di un giornalista, con i pro e i contro che ne conseguono) può a tratti annoiare e appesantire la lettura e a tratti stupire per come ogni paese ha le sue bellezze e crudeltà. Perché racconta un mondo (quello asiatico) sconosciuto ed inaspettato.
Certo, è legato inevitabilmente al passato, a quegli anni che sono ormai storia. Ma è anche vero che si accorge di come in realtà sono stati proprio quegli anni e quelle vicende storiche a gettare i semi che ha reso quelle nazioni delle potenze economiche.
Una lettura, in definitiva, che per sua stessa natura non è facilmente digeribile (non pensiate sia il classico libro ‘da spiaggia’) ma di contro è ricco di spunti e di riflessioni da interiorizzare.

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