sabato 25 luglio 2015

Le infradito di Buddha – Zap Mangusta


 
L’autore non lo conosco (anche se è stato inviato de ‘Le Iene’, conduttore radiofonico e ha scritto svariati romanzi). Quindi mi sono avvicinato al libro solo con la curiosità di leggere un ennesimo manoscritto sul buddhismo in salsa romanzata.
Io, che sono ormai decenni che leggo libri sul buddhismo, sulla meditazione e sulle religioni/filosofie orientali, l’ho letto con la curiosità di chi sa (qualcosa) ma gli piace avere un punto diverso dal solito o comunque un ulteriore modo per spiegare certi concetti astratti.
Ammetto di averlo letto in due trance.
Inizialmente non mi ha convinto molto.
In quanto è scritto bene. Molto bene. Pure troppo. Tanto di cappello all’autore che usa un linguaggio forbito e da vero scrittore. Peccato che a volte usa dei termini non in auge nella dialettica comune. Questo, lo ammetto, penalizza il libro. Non che non sia scorrevole o comprensibile: semplicemente usare termini troppo ricercati, troppo ‘da dotti’, rischia di rallentare un pelo la lettura. È come andare da un contadino di inizio secolo a chiedere di indicargli la toilette… Ma chiamalo cesso e capisce subito, no? O andare da un allevatore valdostano sessantenne e parlare di jet lag, happy hour e 4G… Ma parla come mangi, per Dio!
Senza contare che si parla di filosofia orientale a 360° ma a volte in modo talmente astratto e preciso da essere di un pelo difficile da comprendere (e ne parla uno che passava le giornate a pane e buddhismo).
Chiariamo: non so se certi concetti si possa spiegare in modo più semplice. Forse no. Certo è che sono comunque difficili da digerire.
Senza contare questo suo modo di far dialogare le persona senza ‘punto e a capo’, senza separare coloro che dialogano. Con la conseguenza che è un continuo cercare di capire chi dice cosa a chi. In più la storia usa un escamotage narrativo appena appena accennato per introdurre l’avventura del protagonista, tanto da non essere neppure necessario (il protagonista viene mandato in Tibet per essere portavoce in Italia di un fatto spiacevole: i furti accaduti in svariati templi. Questo lo porta a viaggiare con altre persone in giro per le montagne, visitando templi e villaggi, cime innevate e città decadute). Non c’è per capirci, una trama portante forte, un thriller come sfondo, un susseguirsi di colpi di scena in stile ‘il codice da Vinci’, che servono da una parte a mantenere vivo l’interesse del lettore e dall’altro introdurre certi concetti. È solo un uomo che va per montagne per altri scalatori improvvisati e intanto (quasi sempre) si parla di filosofia orientale.
Senza contare la raffica di personaggi che orbitano intorno a lui: un susseguirsi di uomini e donne che sono un’ennesima trovata per introdurre certi discorsi filosofici/religioni ma che rendono il libro ancora più kilometrico ( circa 330 pagine scritte fitte).
Voi mi direte: ‘Ma allora ti ha fatto venire una diarrea lancinante ‘sto libro? Ti ha teletrasportato sul water alla seconda pagina fino ad indurti a rendere il bagno il tuo domicilio?’. ‘Ma allora non ti è piaciuto?’.
Invece mi è piaciuto.
Se andiamo oltre queste considerazioni negative, resta un libro ben scritto, che fornisce con uno stile ironico e simpatico un quadro preciso della cultura religiosa/filosofica orientale.
Spiega concetti profondi in modo più chiaro di tanti altri libri che ho letto. Fornisce informazioni che i più non sanno, dimostrando come l’autore ha una cultura approfondita e superiore alla media. Introduce gli argomenti ogni volta in modo diverso, dando un minimo di senso alla presenza di alcuni personaggi.
Si è così assorti nell’apprendere le mille sfaccettature della cultura orientale che passa in secondo piano il motivo per cui il protagonista ha intrapreso questo viaggio. Chi se ne frega se non c’è una trama intricata e complessa piena di colpi di scena: l’importante è conoscere l’evoluzione del pensiero orientale in questi secoli.
330 pagine sono tante ma si lasciano leggere decisamente meglio di tanti libri molto più corti. È un libro dove non si rincorre la fine ma solo l’imparare cose nuove (con qualche spruzzo di ironia spiccia che male non fa) e il porsi le grandi domande della vita: chi siamo? Dove andiamo? Cosa succede dopo la morte? Perché ’50 sfumature di grigio’ ha fatto così tanto successo al cinema?
Un libro che può essere visto come la risposta a ‘Il mondo di Sofia’ (che se ben ricordate, parlava di filosofia occidentale attraverso gli occhi di una bambina). Certo una risposta più adulta, più impegnata, ma non per questo meno interessante.
Un libro, insomma, che può essere letto da tutti coloro che vogliono accostarsi alle filosofie orientali, a chi vuol approfondire ciò che già sa e a chi vuole leggere un libro che parla anche di montagna, di trekking, di paesaggi mozzafiato e di belle fanciulle tibetane.
Vale il suo prezzo? Secondo me sì.
 

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