domenica 1 novembre 2015

'Un cuore pensante' di Susanna Tamaro


Ultima fatica letteraria di Susanna (che non ha fatto altro che prendere degli articoli che ha scritto per l’Avvenire, sviluppandoli… Astuta la ragazza: non si butta via niente, no? Ecologica anche nello scrivere, non c’è che dire). Raccoglie pensieri, riflessioni, emozioni e ricordi del suo passato, usando sempre il suo stile che la contraddistingue (delicato, arguto, sensibile, un po’ da precisina della fungia, se vogliamo).
Passa dalla natura a quando era bambina a Dio alla sua famiglia alla vita alla società… Senza mai sfiorare l’argomento sesso (io ne ho letti di suoi libri: e che io ricordi non ne fa amai cenno. O almeno, non al punto da farmi gridare:’Oddio ne ‘sta parlando: emozione!!!!). In questo romanzo azzarda solo una cotterella adolescenziale per un ragazzo ma senza entrare nei particolari. E ciò mi ha sempre stupito. Voi no? Voglio dire, racconti tutta la tua vita e non parli mai never manco per ‘u cazzo dei tuoi rapporti amorosi? Va bene la riservatezza… Ma se parli di fatti ben più privati ed incresciosi (vedi il rapporto con i genitori), perché non sbilanciarsi anche col sesso?
Ma vabbè, questa è una mia considerazione trasversale (non che m’interessi sapere quante volte si è fatta sculacciare o si è fatta possedere sopra una lavatrice industriale in funzione a massimo regime; è solo una mia lecita perplessità di lettore).
Per quanto riguarda il libro, lo stile è sempre il suo: c’è a chi piace e chi non lo sopporta. Personalmente quando leggo la Tamaro capisco che è una donna a scrivere, con una certa sensibilità a volte mielosa (un po’ troppo da figlia dei fiori peace and love amiamoci tutti ma solo per vie platoniche of course) e a volte un po’ troppo tra le nuvole. Ciò che mi ha pesato di più nella lettura è il suo continui rimando a Dio, con cui pur mantenendo le distanze, lo tira in ballo un po’ troppo spesso e in un modo talmente poetico e ‘da fervido credente’ da farmi venire il latte alle ginocchia.
A conti fatti, secondo me il problema maggiore di chi condivide i suoi pensieri ed episodi del passato è quanto questi possano interessare agli altri. Mentre in un racconto si può mantenere un certo pathos e suspance costruendo una storia articolata ed intrigante, raccontando la propria vita o è veramente stata avventurosa o è una ‘vita tra le tante’ (certo, con qualcosa che magari non è accaduto agli altri ma non così eclatante da attirare l’attenzione). Bene, la Tamaro rientra nella seconda categoria.
Senza contare i pensieri dello scrittore: quanto possono essere rivoluzionari, quanto danno nuovi punti di vista, quanto destabilizzano i lettori mostrando una realtà insolita per loro? Se lo sono poco o niente risulteranno noiosi (un po’ come quelli che su FB mettono il loro ‘pensiero della sera’ convinti di stupire o commuovere o coinvolgere, mentre alla fine è solo un ‘già sentito dire migliaia di volte’ che annoia e stanca). Anche qui la Tamaro vacilla (certo, è difficile dire qualcosa di nuovo; ormai si è già detto tutto. Quindi non resta che ribadire ciò che sanno già tutti ma in modo più accattivante. C’è a chi basta questo e chi non si accontenta. Voi a quale gruppo appartenete? Se siete nel secondo, lasciate perdere questo libro).
Ma allora è un libro da buttare?
No, perché tutto sommato qualche bella verità la si trova, qualche ‘già letto’ ma scritto in una maniera migliore spunta fuori in questo centinaio di pagine, qualche episodio della sua vita incuriosisce. Certo, deve comunque piacere la Tamaro altrimenti il suo stile narrativo induce sonnolenza. Ho dovuto leggere il libro in due trance perché, lo ammetto, mi stava annoiando (e il discorso religioso, infastidendo (ma questo è a causa del mio rapporto ‘travagliato’ con la religione) e considerate che io sono, diciamo, un fan di Susanna).
Ergo, un libro che può piacere ma solo se si è appassionati di questa scrittrice. Mentre gli altri dovrebbero, prima di questo, leggerne altri.

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